Qui Radio Sardegna, la voce dell’Italia libera
Storia di una piccola radio, nata in un posto piccolo che il 7 maggio del 1945 passò alla storia con un’impresa grandissima, dimenticata da tutti.
La radio che la mia generazione ha conosciuto è molto diversa da quella che sto per raccontarvi. La mia era la radio da ascoltare a tutto volume in cameretta, improvvisando una coreografia. Da accendere in macchina, sperando che gli speaker non perdessero troppo tempo in chiacchiere e dessero spazio al pezzo preferito. La radio, al massimo, delle dediche delle canzoni d’amore a fidanzate/i o ex fidanzate/i, sperando che proprio in quel momento fossero in ascolto.
La radio di questa storia è diversa.
Sono passati 80 anni da allora e il mondo era in preda ad un delirio che oggi non sembra nemmeno poi così lontano. Un mondo in cui poter avere un’informazione libera da filtri, non manovrata dal regime, era un privilegio da costruirsi da soli, con un rischio altissimo.
Tutti cercavano di intercettare notizie su ciò che accadeva fuori dalle proprie case. Perché tutti volevano sapere cosa stesse realmente succedendo. Non lo si poteva certo chiedere all’Eiar (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) o alla stampa, ferocemente controllati e monopolizzati dal regime fascista.
Nel 1938 un Regio Decreto vietò addirittura di fissare le sintonie sulle stazioni estere, pena l’arresto e fino a cinque anni di confino. Ma quasi tutti lo facevano: studenti, professionisti, casalinghe, contadini.
Si ascoltavano le altre stazioni per necessità.
In questo contesto fa quasi strano che in un paesino della Sardegna di circa 2 mila anime, dedito ad agricoltura e pastorizia, come la maggior parte dei paesi sardi negli anni 40, sia nata una Radio che ha fatto la storia: Radio Sardegna.
Dove si è fatta la storia
Parlo di Bortigali, un piccolo centro del Marghine, protetto dal Monte Santu Padre e vicino a Macomer, crocevia strategico per i trasporti ferroviari.
Dopo che gli alleati bombardarono e distrussero Cagliari, in molti furono costretti a trasferirsi nei paesini dell'interno. L’8 settembre 1943 e la successiva fuga dei tedeschi dall’isola avevano lasciato la Sardegna più isolata che mai: dalla penisola non arrivavano più le merci necessarie alla sopravvivenza della popolazione ed occorreva inoltre provvedere ai 200 000 soldati rimasti bloccati. Il nemico da fronteggiare era la fame.
Il Comando supremo delle Forze armate della Sardegna, diretto a quel tempo dal generale Antonio Basso, aveva bisogno di un luogo lontano dai bombardamenti.
Venne scelto Bortigali e da quel momento, il silenzio del paese fu sostituito dal rumore di ufficiali, soldati, carabinieri, auto e motociclette d'ordinanza che marciavano lungo la via centrale.
C’è un fatto, da non trascurare, che ha creato le condizioni per la nostra storia
Sì, c’è un fatto, che ha condizionato indirettamente la nascita di Radio Sardegna.
Parlo di quando, a Casablanca, si riunirono gli Stati Maggiori degli alleati con lo scopo di decidere da dove cominciare l'invasione/liberazione dell'Europa (e contemporaneamente preparare lo sbarco in Normandia).
Partiamo dalla Sardegna o dalla Sicilia? Solo il generale Eisenhower propendeva per la prima. Abbandonata l’idea di partire dalla Sardegna, si volle comunque far credere che lo sbarco sarebbe avvenuto dall’isola.
Per questo si mise in scena l’Operazione Carne tritata: si fece trovare il cadavere di un ufficiale del servizio segreto inglese presso le coste spagnole, con legata al polso una borsa contenente i falsi piani dell'imminente invasione della Sardegna.
È questo fatto il nostro incastro perfetto: i Comandi italo-tedeschi, per rafforzare le difese dell'isola, trasferirono da Roma la radio R6 1942 onde corte, a quel tempo la più potente radiomobile d'Europa, che fu posizionata prima nel paesino di Lei, a circa 10 km da Bortigali.
Dopo l'8 settembre 1943, dopo la cacciata dei tedeschi, la radio R6 viene portata in un oliveto alla periferia di Bortigali.
Ok, tutto bellissimo, ma questa radio cosa doveva comunicare e a chi?
Doveva essere una radio con compiti precisi e modesti:
dare ai sardi, provati dalla guerra, le notizie utili alla ripresa della vita economico sociale;
comunicare ai parenti del continente che i loro cari militari, mobilitati in Sardegna, erano vivi e presto sarebbero tornati a casa.
Tieni conto che dopo l’armistizio il controllo della radio era in mano al PWB, il Psychological Warfare Branch ("Divisione per la guerra psicologica"). Uno strumento per la cura psicologica delle persone post guerra? Ho pensato io. Macché.
Si tratta di un organismo del governo militare anglo-americano, incaricato di controllare i mezzi di comunicazione di massa italiani, sottraendoli al rigidissimo controllo di censura e propaganda attuato fino ad allora dal regime fascista.
Radio Sardegna, in ogni caso, fece molto, molto di più dei due compitini previsti.
Divenne una vera radio, così libera da essere definita Radio Brada, dove sei ufficiali-giornalisti parlavano da una grotta, invasa dalle cavallette, di democrazia e di libertà, mentre in tante parti d’Italia ancora si combatteva contro un regime allo stremo ma sempre minaccioso.
L’Isola aveva finalmente la sua “voce”.
Quindi, che radio sia!
Per poterla costruire ci furono giorni, settimane e mesi di lavoro, cariche di dinamite per aprire un varco, creare spazi dentro un bunker che potesse ospitare e allo stesso tempo proteggere persone, civili e militari.
Non immaginiamoci una radio come un apparecchio piccolo. La radio R6 1942 onde corte aveva le dimensioni quasi di un pullman e necessitava di un equipaggio di diverse persone (tra marconisti e specialisti vari) per poter funzionare.
Dopo giornate e infinite ore di prove, sabato 3 ottobre 1943, alle ore 13.15, dopo l’inaspettata nevicata della notte prima, Radio Sardegna inizia ufficialmente le sue trasmissioni.
Lo stesso quotidiano sassarese “L'Isola” in quella giornata scriveva: «Oggi inizia l'attività la nuova stazione Radio Sardegna.»
“La grotta, la catacomba sotto il monte di Cristo era diventata la nostra redazione ma anche la nostra casa». Questa la testimonianza di uno dei fondatori della radio.
Ma non immaginate una trasmissione radio nitida: il segnale iniziò ad essere chiaro solo intorno al 10 ottobre, dopo aggiustamenti vari e infiniti tentativi.
Cosa si sentiva quando ci si sintonizzava su Radio Sardegna?
In quella prima trasmissione del 3 ottobre tutta Radio Sardegna consisteva in tre notiziari di un quarto d’ora l’uno, alle 13.15, alle 17.15 e alle 22.
Ma già a partire dal 17 ottobre ai notiziari si affiancano il programma “Notizie a casa”, che rappresentava l’essenza stessa dell’esistenza dell’emittente.
I tempi erano infatti terribili. I cannoni avevano cessato di sparare, le sirene non suonavano più ma si sentono i morsi della fame, e si vuole ricominciare a vivere. Le madri chiedevano notizie dei loro ragazzi dispersi sui vari fronti. A Radio Sardegna c'era un continuo via vai di donne che mostravano le foto dei figli mandati in Russia e in Africa, dei quali non avevano notizie da anni ormai.
Col passare delle settimane si aggiunsero anche finestre di “musica riprodotta”, frutto d’una affannosa ricerca di dischi a 75 giri (spesso più fruscii con musica che musica vera a propria) fra i militari e tra la stessa gente di Bortigali.
Questa era la nuova voce della Sardegna libera: un mix di notizie, canzoni, informazioni sulle famiglie divise dal conflitto, conversazioni politiche e culturali.
Ok però arriviamo al dunque, quand’è che si è fatta la storia?
Si eccomi, ci arrivo.
Era il 7 maggio del 1945, 80 anni fa tondi tondi. Erano le 14, 14.15 di quella giornata di tarda primavera.
Uno degli attivissimi marconisti di Radio Sardegna addetto al servizio di intercettazioni (Quintino Ralli) captò una trasmissione in chiaro del comando della Wehrmacht: non era mai accaduto prima, perché tutte le trasmissioni fino a quel momento erano cifrate. Secondo una seconda versione si narra invece che Ralli intercettò un messaggio di Radio Algeri dal quale aveva intuito che cosa stava succedendo.
Ad ogni modo l’intercettazione ci fu, e molto chiara. Ralli passò il messaggio al direttore della radio, Amerigo Gomez. Lui senza esitare un attimo corse nella cabina di trasmissione, strappò il microfono all’annunciatore Muroni e gridò: «Vi diamo una grande notizia. I tedeschi si sono arresi, la guerra è finita».
«La guerra è finita, la guerra è finita, a voi che ci ascoltate la guerra è finita!». Lo ripeterono più e più volte – con voce rotta dall’emozione.
La notizia era grande e straordinaria, soprattutto perché quell’annuncio non era stato ancora diramato da nessun’altra radio. La stessa Radio Londra darà la notizia più di venti minuti dopo.
Insomma, una delle notizie più importanti di tutto il XX secolo fu diramata da una piccola radio regionale.
Ma non vi ho precisato una cosa: nel frattempo non siamo più a Bortigali, siamo a Cagliari.
Perchè Radio Sardegna venne trasferita?
Una volta avviato il processo di liberazione della Sardegna si pensava a ricostruire ogni tassello della vita di tutti i giorni: economico, politico, sociale e culturale.
Bortigali aveva ahimé una posizione troppo marginale rispetto alla ripresa della vita in tali ambiti. Cagliari invece stava tornando lentamente alla vita e non è strano pensare che il trasferimento di Radio Sardegna a Cagliari, nel gennaio del 1944, fu uno dei tanti segnali della volontà di ripresa della città.
All’inizio le apparecchiature furono sistemate in tre grotte del quartiere di Is Mirrionis (già degradato anche prima dei bombardamenti, periferia piena della città) che erano servite come rifugio antiaereo.
Poi il "carrozzone" di Bortigali fu parcheggiato nella vicina piazza d’Armi, in un malandato edificio popolare a due piani che fu chiamato “Il casermone”. Furono sistemati gli alloggi dei militari a servizio della Radio (redattori e soprattutto tecnici, che occupavano il pianoterra) e gli studi, al piano superiore.
Tra la fine dell'inverno e la primavera del 1944 Radio Sardegna assume quella fisionomia che manterrà fin oltre la fine della guerra.
Cosa ne è stato delle gesta di Radio Sardegna?
Quel momento di gloria passò assolutamente inosservato.
Nessun giornale, il giorno dopo, l’8 maggio 1945, raccontò il primato di Radio Sardegna, neppure i giornali sardi, “L’Isola” di Sassari e “L’Unione Sarda” di Cagliari. Quella notizia sicuramente sentita in tutta Italia e in molti paesi d’Europa, per quasi quarant’anni non è stata attribuita ai veri artefici e quella “giornata di gloria” è stata dimenticata.
Fu Francesco Cossiga, allora presidente del Senato, a raccontare per la prima volta in pubblico lo scoop di Radio Sardegna e del suo primato. Era l’ottobre del 1983. A Bortigali si festeggiavano i quarant’anni di Radio Sardegna. Il discorso di Cossiga fu accolto con scetticismo dagli storici ma come un atto di riparazione, quasi di riabilitazione, da parte dei pochi superstiti della “Radio brada”.
Questo racconto è per tutti gli eroi dimenticati della storia, silenziosi ma determinanti. Che senza aspettarsi una medaglia sono stati capaci di cambiare la vita di tante, tantissime persone. Semplicemente credendo in un ideale, semplicemente pensando di mettere a servizio della collettività la loro semplice voce.
Ah sì, io sono la rubastorie, recupero qua e là ritagli di storie della Sardegna. Ti è piaciuta questa storia? Dimmelo nei commenti, soffro di solitudine :)