Quando Gigi Riva divenne sardo
Storia di uno dei più grandi calciatori sardi e italiani di tutti i tempi
Ho sempre avuto una profonda curiosità per quelle persone, arrivate da altre terre, da altri mondi, che conoscono la Sardegna, se ne innamorano e decidono di non lasciarla mai più.
Certo, per noi che siamo già sardi è facile capire l’attaccamento a questa terra, che non fa sconti ma che al tempo stesso, se sei capace di accoglierla, si radica dentro e non va più via.
Ma com’è possibile che chi è nato altrove possa riuscire ad avere un sentire così profondo da capire certe sfumature e certe contraddizioni che puoi amare solo se in questa terra ci sei nato?
Eppure lui l’ha fatto. Lui che tifava l’Inter e che ha promesso che non avrebbe mai negato un autografo a un ragazzo, perché a lui i suoi idoli non hanno mai risposto alle sue lettere.
Lui che amava De André e che da lui si è fatto anche regalare una chitarra, in cambio di una sua maglia.
Lui, permaloso e orgoglioso, proprio come un sardo, che non si lasciava mai scivolare le cose addosso se per lui avevano un peso specifico alto. E proprio quelle cose non le perdonava facilmente.
Una presenza silenziosa, una prossimità distante, fatta di gesti concreti e genuini, di rispetto, di fiducia data e ricevuta, di abitudini paesane e semplici come quella di cenare tutte le sere per 30 anni alla Stella Marina di Montecristo.
Per questo Gigi Riva è diventato per i suoi sardi un eroe, perché gli eroi non sono superuomini, ma sono uomini semplici capaci di fare cose enormi. Così ingannevolmente simili a te da farti pensare che “se ce l’ha fatta lui, magari ce la posso fare anche io”. Eroi vicini sì, ma anche inarrivabili, intoccabili, eppure così umani, con un sorriso che scalda il cuore, con un “Ciao” che sa di casa e di famiglia.
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