Mal di pietre
Storia di una donna, dei suoi mali e delle righe di amori mai vissuti nascoste dentro il suo quaderno segreto.
“Scriveva tutto sul suo quadernetto nero con il bordo rosso e poi lo nascondeva nel cassetto delle cose segrete con le buste dei soldi Vitto Medicine Affitto.”
Mal di pietre racconta la storia di una donna, la nonna della voce narrante, che rincorrendo il suo sogno d’amore, tra le righe proibite del suo quaderno nero, finisce per sposarsi con un buon uomo che purtroppo non amerà mai. E vivrà per sempre nel sospirato ricordo del Reduce, conosciuto durante le cure termali per espellere i suoi calcoli renali.
A fare da sfondo, la fine della seconda guerra mondiale, in una Sardegna che cerca di rinascere dalle macerie culturali, economiche e sociali.
Mi è dispiaciuto terminare il libro di Milena Agus: è uno di quei libri leggeri, dolci, che ti fanno compagnia la sera e quando finiscono è come se qualcuno di famiglia partisse per un viaggio senza fare ritorno. Quando finiscono creano una tenera nostalgia.
All’inizio pensavo che il libro parlasse d’amore. E in effetti ne parla, più come assenza che come presenza.
Questa assenza e distanza dell’amore la vivono tutti i personaggi: la protagonista lo trasforma nel suo male di vivere; la voce narrante ha vissuto un’intera vita con il senso di distacco dei genitori (chi preso dall’amore, chi preso dalla musica); nonna Lia è dovuta fuggire dal suo amore peccaminoso; il marito della protagonista ha perso il suo primo amore sotto i bombardamenti di Cagliari; il Reduce in guerra, oltre alla gamba, perde la fiducia in una moglie che in sua assenza è rimasta incinta di una figlia, che sceglie di considerare come sua.
La sensazione è che non solo la protagonista, ma anche tutti gli altri, in una certa misura, abbiano quel qualcosa che fa fuggire l’amore. E chi in fondo non si è sentito un pochino così, un repellente dell’amore, almeno una volta nella sua vita?
Io ricordo che da adolescente mi ero convinta che per la mia estrema timidezza non sarei mai stata capace di fidanzarmi con nessuno. “Chi vuole stare con una ragazza che parla poco?” Me lo domandavo spessissimo. Poi ci sono le fasi degli amori andati a male, come le scatolette di tonno lasciate un mese in frigorifero. Anche lì ci si chiede “Ma cosa ho di sbagliato?”
Ho percepito questo: il costante senso di inadeguatezza che prova la protagonista di fronte ad un amore che nella sua penna è libero, spinto, audace, profondo, presente, mentre nella realtà che vive è distante, silenzioso, assente, respingente.
“Nonna li aveva sempre fatti vergognare, da quella volta in chiesa in cui aveva visto un ragazzino che le piaceva e aveva incominciato a girarsi continuamente verso i banchi dei maschi e a sorridergli e a guardarlo fisso e il ragazzino ridacchiava anche lui”
C’è un altro tema che mi pare essere fortissimo nella storia: la diversità. La protagonista è la diversa del paese, che scrive di nascosto poesie d’amore erotiche, vista come la pazza, da internare in un manicomio, nella sezione dei “Tranquilli”. La madre tenta addirittura di farle fare un esorcismo, perchè sicuramente qualcosa di anomalo ci dev’essere in lei.
E lei si sentirà per sempre diversa, una persona che vive sulla luna, la persona da tenere a debita distanza. Anche dal marito e dal figlio, che camminano sempre distanti da lei, costruendo tra loro una complicità che lei non avrà mai con nessuno, se non con la nipote e con il Reduce.
“diceva così, che lei tanto non sarebbe stata una buona madre perchè le mancava la cosa principale e che i suoi figli non nascevano perchè anche a loro mancava quella stessa cosa e quindi si rinchiudeva in quel suo mondo della luna.”
Ho avuto la sensazione che solo in un certo momento della storia la protagonista abbia fatto pace con sé stessa e con il mondo: quando conosce il Reduce durante le cure termali per espellere il suo secondo male, i calcoli renali. In quel momento viene vista per quello che è, riconosciuta nella sua unicità. Là capisce che esiste una vita e una felicità anche per lei, che può averne diritto, che può andarsela a cercare perchè lo merita.
Questa riabilitazione sociale della protagonista della storia mi ha fatto riflettere tanto. Hai presente quando ti allontani dal paese o dalla città in cui hai vissuto per tanto tempo, dalle persone che ti conoscono da una vita, e arrivi in una città nuova?
Solitamente si acquista una nuova identità e una nuova consapevolezza di sé. Perchè parliamoci chiaro: a furia di sentirci dire dagli altri che noi siamo o non siamo una certa cosa spesso ce ne convinciamo anche noi. Pensiamo di essere solo quello.
Appena invece ci confrontiamo con un ambiente nuovo, che ci guarda per la prima volta con occhi puliti, liberi da pregiudizi e da cose ascoltate da altre persone, immediatamente acquisiamo un’identità nuova. Siamo esattamente quello che siamo, nella massima espressione del nostro potenziale.
La nostra protagonista questa riabilitazione la vive due volte: quando conosce il Reduce, come già detto, ma anche quando si sposta col marito per la loro nuova vita a Cagliari. Ah Cagliari, è meravigliosa la descrizione che emerge della città dalle parole dell’autrice!
La sua vita a Cagliari, nonostante lo sfondo della fine della seconda guerra mondiale, tutt’altro che roseo, diventa improvvisamente luminosissima: un vicinato che affronta i problemi con leggerezza e ironia, scorci sul mare e sui tramonti, cieli azzurri e immensi, terrazzi fioriti e l’amore per la musica classica sbocciato grazie al Reduce.
È pazzesco come possa essere sufficiente spostarsi dall’innominato paese di origine per cambiare totalmente la prospettiva su di sé, sugli altri e sulla propria vita.
Questo libro, in fondo, parla soprattutto di rinascite.
Quasi tutti i personaggi hanno una storia di risorgimento o di riscatto sociale. Un riemergere dal fango della guerra che è tutt’altro che repentino e passa per fasi torbide, prima di riacquisire la piena luce. Dalle macerie della guerra spuntano case mutilate e ricostruite, figli di altri accolti come propri, rapporti sessuali consumati nelle Case Chiuse, fughe nelle topaie delle grandi città con il sogno di diventare borghesi.
È l’aspirazione, in fondo, che guida l’azione, il desiderio che dipinge il reale di bello quando ancora di bello non c’è proprio niente.
Quasi tutti i personaggi del libro non hanno un nome, curioso no? Per questo potremmo essere noi, potresti essere tu, potrebbe essere tua mamma o tua nonna.
Solo nonna Lia ha un nome, per distinguerla dalla Nonna protagonista. E loro due sono molto più vicine di quanto non si pensi. Nonostante la rigidità di Lia, assente nella Nonna, nonostante la prima abbia una smisurata mania del controllo e dell’igiene, mentre la Nonna incarna il totale disordine, sono due persone che hanno adattato e plasmato le loro vite per via di un amore mai vissuto. Sono due persone additate dalla società del loro piccolo paese di origine che hanno trovato un riscatto nella città di Cagliari. Riscatto sì, riabilitazione certo, ma non la realizzazione del loro sogno. Alla fine hanno dovuto placare la loro inquietudine accettando quello che la vita ha deciso di offrire loro.
“Aveva speso tutte le sue forze per convincersi che quella era la migliore vita possibile, e non quell’altra, di cui la nostalgia e il desiderio le toglievano il respiro”.
Questo libro, quindi, è l’intreccio di tanti mali: il mal di pietre per i calcoli renali è la manifestazione fisica del mal d’amore e di un disagio sociale per l’essere considerati diversi e quindi sbagliati.
Un libro che parla anche di amore che, tra le pietre, cerca di sbocciare, ma che, purtroppo, come dice la protagonista, “se non vuole arrivare non arriva con il letto e neppure con la gentilezza e le buone azioni”.
Spero che il libro ti sia piaciuto o che questi appunti sparsi ti facciano venir voglia di leggerlo. Per me è stato piacevole, proprio il genere di lettura che dopo una serata di duro lavoro ti regala quel momento di leggera spensieratezza. E ti dà la sensazione di entrare in una casa, conoscere una famiglia e affezionarti tantissimo a tutti i suoi membri.
Mi piacerebbe tanto sapere, tra i commenti, la tua impressione sul libro e sui suoi protagonisti: quale personaggio hai amato di più e perchè? Ma soprattutto, sei riuscito a capire quale sia, come dice la protagonista, “quella cosa che non permette all’amore di arrivare?”
Chiudo riportandoti la mia citazione preferita del libro (tu lasciami la tua, sono certa che ne hai trovate tantissime):
“Papà glielo disse che non era una buona idea, che non bisogna mettere ordine nelle cose, ma assecondare il casino universale e suonarci sopra.”
Ah, io sono la rubastorie e se questa lettura è stata piacevole consiglia questa pagina anche alle persone che come te amano leggere.